Carapelli for Art premia ancora l'arte sul tema della sostenibilità
Annunciati i vincitori della quarta edizione del premio internazionale dedicato alle arti visive. Oltre 1000 partecipanti da 50 paesi di tutto il mondo.
La quarta edizione del premio internazionale per le arti visive promosso da Carapelli è giunta al termine e anche quest’anno ha registrato eccezionali risultati in termini di qualità e numero di partecipazioni, confermando gli intenti della celebre azienda olearia a sostenere gli ambiti della cultura e dell'arte.
Il tema con cui si sono confrontati gli artisti che hanno partecipato al bando è stato la Sostenibilità: “Ci sono valori che in una particolare fase storica diventano più che importanti: diventano necessari. La sostenibilità è il modello di sviluppo indicato come soluzione ora perseguibile, poiché in grado di equilibrare la crescita della generazione attuale con quella delle generazioni future. Si avverte una stretta vicinanza con un concetto che attraversa intere epoche della cultura umana, ovvero l'armonia, quale accordo tra elementi uguali e diversi da cui deriva un risultato positivo. L'arte ha certo un ruolo centrale nella costruzione di un presente sostenibile e armonico: le opere propongono visioni, significati, realizzazioni, comportamenti e responsabilità – dall'economia all'ambiente, dal lavoro ai rapporti sociali – fondamentali per il nostro, ancora nuovo, ventunesimo secolo.”
I vincitori dell'edizione 2021 di Carapelli for Art sono per la Categoria Open, Francesco Carone e Lia Cecchin; per la Categoria Accademia Elena Della Corna e Dario Sanna. La giuria ha, inoltre, assegnato alcune menzioni speciali: Letizia Calori e Giuseppe De Mattia (Open), Kim Sooun (Open), Lorenzo Ramos (Accademia). Le opere degli artisti vincitori entreranno a fare parte della collezione Carapelli, inoltre Carapelli for Art parteciperà con un evento espositivo dedicato nel contesto di ART CITY Bologna 2022.
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CATEGORIA OPEN
Vincitori
Francesco Carone (Siena, 1975)
Nocciolo
2012, legno di pesco, campana in vetro soffiato del 1700, base in legno laccato. Misura nocciolo 2,8x1,6x2 cm. Misura teca 33x16x55 cm. Photo Ela Bialkowska OKNOstudio
Un nocciolo la cui apparenza consueta racchiude una storia: l'artista anni fa mangiò una pesca dall'albero che il nonno aveva nell'orto, dopo avere osservato il nocciolo decise di rifarlo identico a partire dal legno dello stesso pesco; identico nella forma e nel patrimonio biologico ma ovviamente incapace di generare altri alberi. L’opera di Francesco Carone, attraverso il ricorso alla scultura in un modo insieme attuale e tradizionale (l'essiccazione, la scolpitura, l'intarsio), approccia il tema - e il mistero - della generazione naturale ponendola in una relazione di tipo interrogativo con l'osservazione e la comprensione umane: “Lo studio, il tempo, la dedizione, l'abilità della mano, la coerenza del pensiero con cui l'uomo da sempre affronta ciò che lo circonda, evidentemente non sono sufficienti.” L'arte ha però il potere di suscitare in noi la meraviglia, di accendere la nostra curiosità, di stimolarci a porre domande sempre nuove. La giuria ha apprezzato la capacità di sviluppare una riflessione ricca e aperta, a partire da una forma basilare della natura.
Lia Cecchin (Feltre, Belluno, 1987)
OBE
2021, Composizione di puzzle. Dimensioni variabili.
2021, puzzle, numero variabile, dimensione ambientali Il progetto OBE prevede l’installazione di numero variabile di puzzle aventi per soggetto paesaggi naturali. Gli oggetti sono sospesi nello spazio senza alcuna protezione, in attesa di ‘attivarsi’ per incidente. Prendendo spunto da diversi fatti di cronaca, in cui uno spettatore danneggia un’opera per distrazione nel tentativo di scattare un selfie, l’artista ha pensato una situazione che agevola il gesto involontario e lo mette al centro di una riflessione più ampia. Il titolo è l’acronimo con cui si definisce l’esperienza extracorporea (Out of Body Experience). Scrive Cecchin a proposito: “Il progetto invita provocatoriamente lo spettatore a osservarsi da fuori e a ragionare su come la propria mancanza di attenzione possa riverberare i propri effetti anche sugli altri, compromettendone magari in maniera irreversibile la visione o l’esperienza.” La giuria premia l’opera per il legame originale che instaura fra immagine e sostenibilità, introducendo con intelligenza il ruolo della collettività nei processi di costruzione e distruzione del paesaggio. La giuria ha inoltre apprezzato i modi dell’intervento dell’artista, capace di sottrarsi per rivelare il potenziale performativo del pubblico e del reale.
CATEGORIA ACCADEMIA
Vincitori
Elena Della Corna (Vicenza, 1993)
Profezia
2021, Materiale plastico composto da colla organica, pigmenti, addensanti e conservanti naturali, catena metallica, 60×80x25 cm + catena. Photo Giacomo Bianco
La forma di una scultura sospesa ricorda vagamente quella di una bilancia di precisione. Ma la referenza è deviata, e la funzione dell’oggetto non è identificabile. Profezia, che suggerisce nel titolo la ricerca di una dimensione intima e metafisica, è animata da sottili equilibri e basse tensioni scultoree. Un elemento rossastro, ruvido e accesso, si poggia sulle finiture lucide di un prezioso strumento, evocando un ambiente magico e rituale. La giuria ha apprezzato le qualità dell’oggetto, in particolare le soluzioni formali e il trattamento dei materiali. Ha poi trovato nell’opera uno specchio mistico e aperto della tematica contingente proposta dal bando.
Dario Sanna (Olbia, 1996)
Paesaggio (Marsiglia)
2021; Pannello solare, cavo bipolare, ventola, pietre, pianta, plastica; dimensioni variabili
L'opera Paesaggio di Dario Sanna è un'interpretazione, in certo modo emblematica, di uno scenario naturale in cui l'artista si è trovato a trascorrere alcuni mesi: l'affaccio al Mediterraneo della città di Marsiglia. Alcuni elementi tipici locali, delle pietre e una pianta, dialogano con degli oggetti legati alla tecnologia e al consumo umani, un pannello solare, una ventola di un computer obsoleto, un sacchetto di plastica. Quando il sole penetra nell'ambiente in cui si trova l'installazione, carica il pannello che avvia la ventola, la quale a sua volta agita la busta; un riferimento esplicito alle tracce forti e nocive che una società non abbastanza accorta lascia nella natura, danneggiandola. La giuria ha apprezzato il modo in cui l'opera richiama l'attenzione su una tematica attuale, senza inficiare l'opportunità di una costruzione formale originale e indipendente – interessante anche l'aspetto della “adattabilità”, poiché le pietre e le piante usate variano nel tempo in base al contesto di esposizione.
Menzioni d'onore
Letizia Calori e Giuseppe De Mattia (Bologna 1986; Bari, 1980)
Bolotie
2021, mixed media, dittico, 110 x 50 cm
Bolotie è un progetto che si concentra sul riuso e upcycling dei capi d'abbigliamento. Un capo d’abbigliamento sviluppa più economia di un’auto. Da quando viene venduto la prima volta, se entra nel mercato dell’abbigliamento vintage continua a generare mercato riacquistando valore e spesso moltiplicandolo, quindi continuando a generare economia “pulita”. Bolotie è un progetto di riqualificazione dello storico mercato dell’usato della Montagnola di Bologna. Il progetto, concepito come un lavoro d'arte e un intervento urbano, è un primo passo verso una vera e propria riprogettazione dello spazio che Bologna dedica alla vendita dell’usato. Dal 1970 la Montagnola ha creato un’economia circolare che ha mantenuto famiglie, vestito generazioni e evitato sprechi di merce. Oggi il mercato è in crisi. Ci sono meno mercanti interessati ad affrontare il freddo d’inverno e il caldo estivo e vivono una competizione del settore dato dalla possibilità di acquisto online a prezzi “apparentemente” più a buon mercato. Inoltre la condizione architettonicamente precaria degli spazi dedicati al mercato complica la situazione lavorativa di molti venditori. Bolotie, si propone di spostare la zona dedicata al mercato all'interno del parco, andando a ripercorrere la circolarità della conformazione del parco con la circolarità delle merci. Bolotie sarà una struttura leggera e semipermanente pensata per gli spazi del parco, costituita da una serie di stand collegati tra loro ed energeticamente autosufficienti. Il dittico, realizzato con una giustapposizione di tessuti di riuso, disegni e appunti sul progetto, mostra la ridistribuzione degli spazi del mercato all'interno del parco (che prende la forma di una cravatta indiana, da cui il nome Bolotie) e le ipotesi architettoniche per la realizzazione degli stand del mercato. Il premio, qualora assegnatoci, entrerà attivamente nella circolarità del progetto finanziando la produzione del primo prototipo di stand.
Sooun Kim (Jeju, Corea del Sud, 1989)
Yellow Fever
2019, film, 00:13:22, 1920x1080
Yellow Fever è un cortometraggio che racconta storie che si intersecano: quella degli attivisti indipendentisti coreani da record storico, la biografia del nonno di Kim e la storia personale di Kim, intrecciate per creare una nuova finzione ibrida ricostruendo soggetto e sfondo storico attraverso la modalità del video musicale fabbricazione. Come artista coreano, Kim scava nelle sue radici nazionali, culturali ed etniche prima di affrontare la pre-nascita dell'ibridismo e del post-colonialismo. Questo processo viene esplorato attraverso vari tipi di immagini in movimento con un suono minimo. Il film trasmette un forte messaggio di indipendenza dalla "colonizzazione inconscia", qui rappresentato da una febbre silenziosa, piena di ansia e calma.
Lorenzo Ramos (Milano,1994)
LANCE
2021 - Legno di recupero, punte di plastica riciclata (HDPE, fuse e lavorate in un laboratorio a Bologna chiamato BackBo, laboratorio facente parte di un progetto più ampio chiamato Preacius Plastic), viti a doppia filetttura ed in fine cordame di plastica - Dimensioni variabili, da un minimo di 170 cm ad un massimo di 190 cm di altezza e da un minimo di 6 cm ad un massimo di 10 cm di larghezza.
L’arpione come protesi e potenziamento ha caratterizzato parte della evoluzione e della spinta al creare che ha sempre distinto l’operato umano. L’attitudine a inventare utensili per colmare i propri limiti è stata quindi cardine per le più disparate forme. Il mio intervento vuole giocare con questi ingredienti ancestrali utilizzando una commistione di materiali antichi e moderni. Il legno, di recupero, che è la base di partenza si fonde con le punte in plastica riciclata, il tutto legato da del cordame di plastica ed una vite a doppia filettatura. Un’attitudine primitiva reiterata fino al contemporaneo. Un elemento mitizzato che sottende la riqualificazione del materiale.